SACRARIUM CARTHUSIENSE

Un tema che ho ritenuto opportuno prendere in esame in questa tesi è il rapporto esistente tra alcuni specifici fenomeni politici e religiosi, il cui sviluppo in architettura ed arte viene concepito per una fruizione interna anziché esterna, risultando prevalentemente destinata ad un piccolo gruppo di ecclesiastici e non ad un grande insieme di laici, come si verifica di consueto.

Oltre ad eventuali accorgimenti figurativi e scenici, la mia ricerca concerne un ambiente rinvenuto a seguito di un’analisi preliminare, nella quale ho inteso mettere a confronto diverse tipologie insediative adottate dal clero regolare; infatti, una volta osservati i modelli strutturali ed ornamentali dei complessi benedettini, francescani, domenicani e gesuiti, ho optato per approfondire determinate caratteristiche ed aspetti dell’ordine certosino, il quale impiega, nelle regioni della Penisola Iberica, chiese monastiche munite di una cappella annessa. Tale peculiarità mi ha spinto a trovare dati ed informazioni che permettessero d’interpretare le eventuali ragioni per cui i menzionati edifici siano riscontrabili unicamente in questo contesto.

Curiosamente, il numero di riviste, articoli o libri editi sulle certose spagnole dagli studiosi locali si mostra limitato e difficilmente reperibile; inoltre, quasi tutti gli autori consultati trattano l’argomento sotto un punto di vista storico in cui si preferisce concentrare l’attenzione del lettore su risvolti economico-finanziari e giuridico-legali invece di considerare questioni di tipo architettonico ed artistico. Pertanto, dal momento che la dispersione dei documenti d’archivio non consente di verificare facilmente l’origine e l’evoluzione di tali parti, ho integrato questo insieme di notizie con indagini sul campo, visitando e perlustrando i vari siti ancora presenti sul territorio.

Il percorso che desidero proporre si articola quindi in sezioni divise per materie, ciascuna delle quali opera in funzione di una sola idea, ovvero rendere spiegabile la maturazione di una serie d’intenzioni, forme o contenuti devozionali tipici dell’ambito ispanico.

Uno di questi passi prende pertanto in considerazione il rapporto che s’instaura fra una popolazione, il luogo dove abita ed gli eventi sperimentati nel corso delle varie epoche, in quanto essi plasmano una cultura precisa, solida e delimitata; esso fa ovviamente da matrice per tutte le influenze, interne od esterne, che attraversano il paese e serve da cardine per capire l’altro essenziale passo del testo a seguire, che di loro si occupa. La seconda sezione, al contrario della prima, è appunto ripartita in due blocchi, il cui scopo diviene quello di separare le notizie sulla fondazione e l’organizzazione dell’ordine certosino dai fatti architettonici ed artistici riguardanti i santuari nei quali si riuniscono le comunità monastiche.

Riassumendo, il lavoro ha potuto così stabilire i diversi mutamenti che hanno gradualmente portato alla creazione delle cappelle note come sacrari, le quali adottano degli apparati decorativi e degli impianti costruttivi diseguali, nonostante paiano suggerire un medesimo utilizzo.

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Santuari Benedettini nella Penisola Iberica (© Campedelli)

Conclusione della Tesi

Stando a quanto studiato nel corso della tesi, riteniamo semplice appurare come le varie manifestazioni artistiche od architettoniche siano vincolate a specifici frangenti culturali; queste, pur rimanendo dentro i confini di un preciso ambito storico e geografico, sono maturate in maniera straordinariamente diversa ed hanno potuto confrontarsi sia internamente che esternamente. La discreta permeabilità della Spagna, dovuta ovviamente all’estensione dei suoi rapporti politici ed economici con altri paesi, la rende appunto una nazione particolarmente ricettiva nei riguardi di influenze straniere, sebbene non paia sempre in grado di comprenderne aspetti o caratteri; tale dote viene poi messa in evidenza con l’espansione dei propri confini in territori extra-peninsulari, la cui gestione si mostra ai funzionari di governo come un pregio ed un difetto che determina momenti di apertura e momenti di chiusura.

Nonostante le numerose divisioni, gli abitanti dei regni e dei principati iberici rivelano sin dall’epoca medievale un notevole senso di unità che si protrae durante quasi tutta l’epoca moderna. Uno dei fondamenti sui quali si erge questa coesione è la fede religiosa, che qui, contrariamente al resto d’Europa, ha marcatamente distinto alcuni gruppi umani da altri; essi hanno infatti condiviso i medesimi luoghi nel corso di ampi periodi, ma l’intenzione di plasmare un’identità sociale basata sulla difesa delle consuetudini del cristianesimo ortodosso ha portato le Corone di Castiglia ed Aragona ad attaccare o respingere espressioni di eterodossia, miscredenza od infedeltà. Tramite l’impego di una propaganda mirata, si passa dunque da una fase di tolleranza relativa, radice di una vivacità culturale senza paragoni, ad una fase d’intolleranza assoluta, frutto di un ideale politico che ha condizionato il panorama nazionale ed internazionale per secoli.

Sia nel duraturo conflitto etnico tenutosi con ebrei od islamici che nella fugace contesa devozionale tenutosi con l’eresia catara, vi è una questione di natura sacra che viene ripetutamente adoperata nella Penisola Iberica quale strumento di persuasione e dissuasione nei riguardi di chi aderisce ad altre fedi; essa concerne l’ammissione delle facoltà salvifiche di Cristo e del rito eucaristico, il quale risulta da questi puntualmente rifiutato o disconosciuto. L’argomento, come abbiamo potuto constatare, torna poi ad essere motivo di polemiche e dispute fra cristiani cattolici e protestanti, rendendo difficili le relazioni diplomatiche con nazioni come la Francia, la Germania, la Gran Bretagna e le Fiandre; infatti, la precaria pace politica che si ottiene dopo la separazione di tali confessioni nasconde una guerra religiosa e morale che non abbandona mai le menti e gli animi dei ceti dirigenti. Per tutelare e guidare una popolazione vulnerabile a causa della sua ignoranza, si organizzano quindi eventi processionali e si fa ricorso al lavoro pastorale di parroci, diaconi o membri di alcuni ordini religiosi; anche i certosini si trovano in parte coinvolti in questo programma, dato che spesso priori o vicari esercitano le funzioni di signori feudali e possono essere convocati a corte in veste di consiglieri o confessori. La compostezza della regola di San Brunone di Colonia vale così ai monaci bianchi l’opportunità d’intervenire, direttamente od indirettamente, nel processo di riforma e controriforma della chiesa spagnola; sebbene il loro operato venga ugualmente posto sotto il controllo del Tribunale della Santa Inquisizione, essi riescono comunque a conservare una discreta libertà di movimento grazie al patrocinio reale.

 

Tutto questo fermento indica che le certose sparse nelle provincie di Castiglia ed Aragona, pur cercando il distacco dalle distrazioni del mondo, non possono evitare di recepire i numerosi problemi e le esigenze del territorio nel quale risiedono. Sin dalle origini, ad un’intrinseca devozione ispanica per i sacri misteri della fede si combina perciò l’estrinseca venerazione dell’ordine per il Santissimo Sacramento, che s’impone durante l’epoca medievale e giunge al proprio apice in epoca moderna; condivisa pure da benedettini, francescani, domenicani e gesuiti, essa viene utilizzata in numerosi cicli pittorici e scultorei per fomentare la conversione, benché assuma qui un valore diverso.

Sembra quindi che il gesto di evidenziare alcune liturgie trovi le sue effettive ragioni negli specifici contrasti rilevabili in Spagna, dove il ruolo dell’eucaristia viene appunto rimarcato da elaborate soluzioni artistiche ed architettoniche; esse maturano delle caratteristiche e degli aspetti che portano infatti alla creazione delle cappelle del sacrario, le quali diventano il fulcro della vita materiale e spirituale di ogni certosino. Lo sviluppo di tali ambienti fra il XV ed il XVII secolo dimostra inoltre la totale autonomia del loro concepimento rispetto ai criteri del Concilio di Trento, le cui disposizioni servono unicamente a rinsaldare argomenti dottrinali già ampiamente metabolizzati dal clero regolare.

Nonostante la Casa Madre di Grenoble esorti le case figlie ad un regime di austerità e povertà, queste mettono in opera progetti sfarzosi e ricchi che però non sono abitualmente godibili da estranei; d’altronde, essi fanno parte di un sistema iconografico ed iconologico che si rivolge solamente ai vai membri della comunità monastica, la quale risulta spesso costituita da eruditi. Gli scopi propagandistici e didattici coi quali vengono in genere realizzate queste composizioni vengono dunque messi da parte, cedendo il posto ad una funzione essenzialmente commemorativa.

 

Tanto negli ambiti eremitici quanto negli ambiti cenobitici, si cerca appunto di riaffermare e confermare una serie di convinzioni tradizionali, le quali vengono di norma comunicate per mezzo di un linguaggio visivo anziché scritto o parlato. La silenziosa eloquenza delle immagini, frequentemente utilizzata in contesti laici ed ecclesiastici per l’efficacia nel veicolare determinati messaggi, si rivela ora un idoneo strumento tramite cui servire gruppi in cui vige il voto di silenzio ed il bisogno d’isolamento; essa, come evocato dal motto della congregazione, celebra la gloria delle cose eterne ed ammonisce sulla mutevolezza delle cose ubicate fuori dalle mura del monastero, mostrando un provvidenzialismo che permea tutte le vicende umane. Le forme si evolvono, i contenuti si preservano, ma lo spettatore attento verrà ugualmente spinto a meditare.

Cartuja
© Campedelli