Il dialogo fra oriente ed occidente –

Hidetoshi Nagasawa, artista di fama mondiale, nasce in Manciuria nel 1940 da una famiglia originaria del Giappone, costretta poi a tornare in patria alla fine della guerra; Durante gli anni che seguono, studia a Tokyo presso la Tama Daigaku e si laurea in Architettura & Design, ma resta interessato alle sperimentazioni artistiche d’avanguardia ed alle manifestazioni organizzate al museo della capitale dal Periodico Yamiuri. La decisione di cambiare la propria carriera lo trascina in uno straordinario viaggio in bicicletta che gli permette di visitare molteplici nazioni in tutto continente asiatico, eseguendo un graduale passaggio da oriente ad occidente che lo pone in relazione con varie culture e persone.

Giunto finalmente in Italia nel 1967, l’artista passa da Brindisi a Napoli, da Roma a Firenze, da Genova a Milano e quindi presso quest’ultima sceglie di stabilirsi, trovando un clima di stimolante creatività; Nel capoluogo lombardo conosce appunto Enrico Castellani, Mario Nigro, Antonio Trotta e sviluppa la propria esperienza in una serie di lavori, tanto personali quanto collettivi, che si muovono in numerose mostre nazionali ed internazionali. Verso il 1978 fonda l’associazione della Casa degli Artisti grazie al sostegno di colleghi quali Paola Brusati, Giuseppe Spagnulo, Luciano Fabro, Jole de Sanna, che tentano in tal modo di rivendicare e ribadire il valore di patrimonio culturale dell’arte nella società. Attualmente tiene dei corsi alla NABA.

L’insieme di opere studiato, pur nei limiti di spazio e tempo dati, evidenzia un apparente cambiamento di approccio tecnico dell’artista, il quale resta però sostanzialmente fedele alla propria metodologia espressiva; Tale sistema usa il linguaggio di alcuni filoni e movimenti di notevole rilievo come l’Astrattismo, il Minimalismo, l’Arte Povera, l’Arte Antropologica. Ciononostante, l’uso di una classificazione rigida non sarebbe adeguata od esaustiva nel presentare il lavoro di questo artista e bisogna quindi considerarla solo da un punto di vista convenzionale. Un lato interessante che distingue Hidetoshi Nagasawa è l’abilità nel saper coniugare in ogni suo lavoro dei motivi sia della filosofia orientale che della filosofia occidentale, articolando le tradizioni mitologiche greche e latine con quelle cinesi e giapponesi; La precisa volontà di stimolare lo spettatore trova dunque rispondenza nei suoi interventi ambientali, che possono essere realizzati tanto in luoghi aperti quanto in luoghi chiusi, dando una particolare attenzione alla dimensione sacrale del rapporto fra Uomo e Natura caro ai maestri antichi e moderni.

L’esordio del nostro autore si trova nel Festival di Anfo, Provincia di Brescia: Similmente a quanto accade in altre sedi, dove si tenta non a caso di creare un dialogo fra città e cittadino tramite l’operazione artistica, l’intervento con il quale ottiene visibilità consiste in una serie di cilindri trasparenti in materiale sintetico che, una volta gonfiati e legati a contrappesi, vengono lasciati galleggiare sul Lago d’Idro. Malgrado non sia immediatamente riconoscibile, la scelta esposta in quest’occasione porta in sé l’embrione di molti altri progetti sviluppati negli anni che seguono.

Vengono quindi realizzate azioni nei campi e nei boschi, pur scarsamente documentate con filmati o fotografie, nelle quali non pare tuttavia necessaria la presenza dello spettatore; Oltre a ciò, fra le applicazioni, motivi come i Segni ed i Nessi sono trattati in modo relativamente contenuto, mentre alcuni temi come il Viaggio diventano una tipica marca stilistica di ampio riscontro, che si manifesta con molteplici simboli quali la Barca e la Porta.

Manifestazioni programmate in Giappone ed Italia prendono anche in esame sostanza ed apparenza delle cose, esortano a passare oltre e si pongono in stretta relazione col visibile e l’invisibile; Un valido esempio possono essere tutti gli interventi che vengono sepolti e celati, portando quindi lo spettatore a godere di una testimonianza che poi resterà nella sua memoria. La puntuale compenetrazione di naturale ed artificiale si rivela “Sotto l’albero di Gingko” (2001), che si organizza in una fossa entro cui è posta una struttura a telaio cubico in grado di ospitare, nel volume nascosto dalla terra, le radici di una pianta nota per l’incredibile resistenza ai mutamenti.

Le installazioni dell’ultimo periodo si dedicano invece all’equilibrio strutturale dell’opera nelle proprie rispettive componenti, tentando così di costituire un organismo i cui legami non sono dati per mezzo di un abuso di tecnica, ma sono ottenuti con semplici accorgimenti d’incastro ed intreccio delle parti; Il risultato finale suscita certamente meraviglia per il notevole peso dei vari elementi usati, il quale sembra annullarsi totalmente creando una sospensione nello spazio e nel tempo.

La dote manuale è fondamentale nel processo creativo, in quanto espressione dello spirito attraverso la materia che permette di unire oggetto e soggetto, la parte con il tutto; Ciò si deve all’originaria influenza del Gruppo Gutai, che su tali argomenti concentra appunto le numerose ricerche dei suoi membri. Ogni composizione deve quindi essere studiata attentamente in funzione del contesto in cui si trova e renderlo vivo grazie alle proprie specifiche qualità, tanto intrinseche quanto estrinseche, come di solito accade nel contrasto fra pezzi grezzi e lavorati nel medesimo insieme o nell’accostamento di strumenti in cera, pietra, metallo, legno; Il tutto deve alla fine potersi muovere in un ambiente da fermo, quasi a sancire una rivoluzionaria complementarietà fra l’esperienza dell’architetto e dell’artista.

Sintesi del pensiero di Hidetoshi Nagasawa sono in conclusione i Luoghi, che adoperano l’intero repertorio menzionato e lo rielaborano ulteriormente in un passaggio che trascina fuori quanto sta dentro, liberandosi dagli eventuali vincoli della sala museale. Il gesto di manipolazione viene quindi in taluni casi ampliato nel territorio circostante al nucleo dell’intervento, pur tenendo debito conto della relazione con qualsiasi assetto esistente; Bisogna peraltro considerare il fatto che l’opera non s’impone, ma si appone nello spazio e non vive separata dalla natura, come avviene della mentalità occidentale, ma vive unita alla natura, come avviene nella mentalità orientale. Ciò emerge sia dalla pratica che dalla teoria.

Il prototipo di questa serie è forse riconoscibile nell’installazione del “Luogo dei Fiori” (1985), che fa evidentemente riferimento all’idea del giardino nel suo ruolo di tramite fra un interno con l’esterno, pur nel diseguale significato datogli agli estremi del globo; Non a caso, l’artista preferisce lavorare sul contenitore anziché sul contenuto, dove una strana ed attorcigliata recinzione si distribuisce in molteplici sezioni costruite in modi e materiali eterogenei, nel curioso tentativo di compendiare tutte le possibili varietà di reticolati e dargli un’impostazione omogenea. Viene così mostrato come entità apparentemente autonome risultino sostanzialmente relazionate fra loro, costituendo poi un medesimo sistema grazie ad uno scopo comune.

Un esempio in grado di mettere in rilievo il paragone fra civiltà è il “Pozzo nel Cielo” (1999), il quale cita sapientemente l’idea di un vano da cui le antiche case fanno passare l’acqua meteorica per il fabbisogno dei propri inquilini. L’elaborato si compone di una palizzata provvista di un telaio a spirale che sostiene un elemento poligonale fissato ad una certa altezza dal suolo; Lo spettatore viene dunque a trovarsi presso una struttura al centro di cui è simulato il pertugio dove la pioggia, raccolta di solito in una vasca posta nell’atrio dell’abitazione, riflette appunto il cielo e crea un rapporto con la terra, dando origine ad un serie di metaforiche trasformazioni.

Compenetrazione di un edificio con la vegetazione, fra aperto e chiuso, si verifica grazie al mirabile “Chashitsu in Giardino” (1995), che muta la sala nella quale si tiene la cerimonia del tè in uno scheletro in cui si traccia la sua volumetria complessiva, eliminando le pareti e lasciando fluire l’elemento umano senza porre alcun limite di sorta. Hidetoshi Nagasawa pare tuttavia volto ad un’inversione di tendenza, che ribalta decisamente tali condizioni nel “Giardino Rovesciato” (2008) e nel “Giardino della Casa da Tè” (2000), la cui organizzazione si articola in vari setti murari dallo specifico andamento ed alcune piante; Nonostante ciò, le componenti guidano bene il transito da una zona ad un’altra e consentono una discreta permeabilità, tanto in senso orizzontale quanto in senso verticale, mostrando porzioni di ambiente in un percorso di meditazione teso ad una presa coscienza totale del mondo.

L’approccio di allestimento metabolizza pertanto la proficua esperienza della composizione Site Specific, ibridandola con i processi di Land Art senza mai rinunciare alle proprie consuetudini e dando un ordine alle cose per mezzo del quale si desidera stimolare una sincera percezione di pace; Tale volontà non si risolve però in espedienti comunicativi, ma in espedienti evocativi che permettono di stabilire quasi un termine di paragone con la produzione di altri colleghi. Riteniamo in effetti appropriato parlare di una contrapposizione di base fra Concettualismo Intellettuale e Concettualismo Spirituale, per cui entrambi puntano comunque alla trascendenza; L’eventuale raggiungimento di una diversa realtà espone quindi, da un lato, il criterio artistico usato in Europa e, dall’altro, il criterio artistico usato in Asia.

Fornire, almeno in parte, il catalogo delle nozioni che animano l’impegno del nostro autore sembra averci fatto notare la sua competenza nel trattare la medesima questione con una miriade di soluzioni diverse, muovendo su numerosi argomenti di Filosofia Aristotelica e Platonica, sull’Antico e Nuovo Testamento, pur conservando le proprie radici culturali nello Shintoismo e Buddhismo Zen, nel Confucianesimo e Taoismo. L’elaborato funge da veicolo per una dimensione ulteriore che si vuole rendere accessibile a tutti, nella quale ogni persona o gruppo di persone arriva in qualche modo a sondare l’insondabile, giungendo persino a cogliere l’energia del creato.

Indipendentemente dalla retorica, per meglio capire il particolare ingegno di quest’ampia produzione, vogliamo ultimare l’argomento con un’emblematica riflessione del maestro:

*“Il significato profondo di un’opera lo puoi capire solo dall’opera; Perché tu non puoi vedere la mia idea, ed io non posso spiegarla. […] Tante volte il senso non si può capire. Tutti studiano l’arte classica, l’arte moderna … l’arte contemporanea no, perché ancora non è storia; Si deve studiare per poterla comprendere.”

*(Intervista del 12/11/2007 di Alessandra Malcevschi)

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